La Terapia

Si definisce chetogenico un regime dietetico in grado di indurre e mantenere uno stato cronico di chetosi cioè una condizione metabolica in cui vengono utilizzati corpi chetonici come fonte energetica. I corpi chetonici sono tre composti denominati acetone, acido acetoacetico e acido beta-idrossibutirrico normalmente presenti nel sangue in quantità trascurabile. Essi sono sintetizzati dalla cellula epatica in caso di eccesso di acetil-CoA (Figura 1).

La prima condizione chetogenica per eccellenza è il digiuno, alternativamente si ottiene questo risultato con diete fortemente ipocaloriche o particolarmente ricche di grassi (e di conseguenza ipoglucidiche). Il livello di carboidrati al di sotto del quali viene stimolata la produzione dei corpi chetonici non è univocamente identificato (Box 1).

La dieta chetogenica è stata utilizzata per trattare diverse condizioni cliniche di cui la più nota e antica è l’epilessia infantile in cui la prima applicazione risale agli anni ’20 a cui ha fatto seguito l’applicazione nell’ obesità a partire dagli anni ‘70. Attualmente è la terapia di elezione per la sindrome da deficit di trasportatore del glucosio GLUT1 e viene usata in altre patologie metaboliche come il deficit di piruvato deidrogenasi. Inoltre sono in corso di studio possibili applicazioni in patologie neurodegenerative come sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, in certi tipi di tumori e nei danni cerebrali postraumatici (Tabella 2).

La maggiore applicazione clinica attuale della dieta chetogenica è quella in alcune malattie neurologiche in particolare nell’epilessia farmaco-resistente. La possibilità di utilizzare un tipo particolare di dieta chetogenica nel trattamento di forme epilettiche farmaco-resistenti è nata dall’osservazione dell’effetto positivo del digiuno sulle crisi e risale agli anni ’20.

Per ottenere una chetosi sovrapponibile a quella indotta dal digiuno non è sufficiente utilizzare diete modestamente ipoglucidiche come quelle utilizzate nel trattamento dell’obesità ma è necessario ridurre drasticamente la quota glucidica e controllare anche la quota proteica. Tale risultato si ottiene calcolando la dieta secondo un rapporto prefissato tra i nutrienti definito chetogenico messo a punto da Peterman nel 1925 ed ancora utilizzato. Il rapporto che induce i livelli massimi di chetosi è pari a 4:1 il che significa comporre il piano dietetico con 4 grammi di grassi ogni 1 grammo di proteine e carboidrati.

 

La massima diffusione di questo trattamento si è avuta negli Stati Uniti anche a seguito dell’azione informativa svolta dalla Charlie Foundation, associazione di genitori nata per volontà del regista Jim Abrahams, autore del film televisivo “First do not harm” del 1997, interpretato da Meryl Streep, che racconta la storia di un ragazzo epilettico farmacoresistente che migliora con la dieta. Il film è ispirato alla storia vera del figlio del regista e fu seguito da un rinnovato interesse nell’uso e nello studio dell’efficacia della dieta.

Attualmente la dieta chetogenica classica e le sue varianti (integrata con MCT, Atkins modificata o MAD e dieta a basso indice glicemico o LGIT) sono utilizzate nel trattamento dell’epilessia in tutto il mondo. L’applicazione clinica in Italia è iniziata negli anni ’90 a Pavia ed attualmente diffusa in diversi centri clinici.

 

PROTOCOLLI DIETETICI

L’impostazione della dieta ha come obiettivo l’induzione e il mantenimento della chetosi. I tipi di protocolli dietetici finora utilizzati si distinguono in base alle modalità con cui viene indotta la chetosi e in base alla qualità e quantità della componente lipidica e glucidica.

In sintesi possono essere raggruppati come segue:

  • Classico Tradizionale (con rapporto chetogenico 4:1 o 3:1) con trigliceridi a catena lunga, restrizione calorica e di liquidi e induzione della chetosi con digiuno
  • Classico Aggiornato (con rapporto chetogenico 4:1 o 3:1) con acidi grassi a catena lunga o a catena media (MCT), senza digiuno, senza restrizione calorica e di liquidi
  • Alternativi con aumento del contenuto di carboidrati (Dieta di Atkins modificata o MAD, dieta a basso indice glicemico o LGIT)

 

PROTOCOLLO CLASSICO TRADIZIONALE E VARIANTI DI INDUZIONE E COMPOSIZIONE

Il protocollo classico tradizionale venne iniziato nel 1921 alla Mayo Clinic da Wilder e ripreso negli anni ‘90 all’Ospedale John Hopkins di Baltimora. Nel protocollo originale la dieta prevede un apporto calorico ridotto al 75% del fabbisogno all’inizio del trattamento e comporta una limitazione nell’assunzione di liquidi; il contenuto in nutrienti è rigidamente fissato dal rapporto chetogenico. L’induzione della chetosi viene realizzata con un periodo di digiuno di 12-48 ore durante ricovero ospedaliero seguito dall’assunzione graduale dei pasti chetogenici (1/3 delle calorie il primo giorno; 2/3 il secondo giorno e 3/3 il terzo giorno). I vantaggi di questo protocollo consistono nel raggiungimento di una chetosi elevata in un breve periodo di tempo. Gli svantaggi sono prevalentemente legati alla necessità di ospedalizzazione per effettuare l’induzione della chetosi con un periodo di digiuno con possibile maggiore frequenza di effetti collaterali, alla restrizione calorica e di liquidi oltre alla rigidità della dieta (gli alimenti vanno misurati al grammo e non possono essere scambiati).

Per questo motivo sono state recentemente introdotte alcune varianti sia della fase di induzione che della strutturazione dietetica. Le prime prevedono l’induzione tradizionale della chetosi ma senza digiuno iniziale oppure una riduzione progressiva del contenuto di carboidrati che corrisponde ad un aumento graduale del rapporto chetogenico (passando cioè da una dieta 1:1 a 2:1 a 3:1 e 4: 1) per permettere al paziente di abituarsi alla crescente concentrazione di grassi. Quest’ultima possibilità di induzione rende possibile l’inizio della dieta anche a domicilio senza ricovero in ospedale. Prima di indurre la chetosi specialmente se si programma l’induzione domiciliare è indispensabile escludere le patologie controindicate.

La sostituzione di una parte dei trigliceridi a catena lunga (che sono la base della dieta classica)  con trigliceridi a catena media (MCT) è una variante di composizione introdotta nel 1971 da Huttenlocher a Chicago. Questa variante permette di aumentare la quota di carboidrati poiché gli acidi grassi a catena media (MCT) sono più chetogenici rispetto ai trigliceridi a catena lunga. Inoltre si ritiene che alcuni acidi grassi a catena media abbiano un effetto antiepilettico diretto. La dieta chetogenica con MCT ha dimostrato uguale efficacia nel trattamento dell’epilessia farmaco resistente in uno studio clinico controllato randomizzato (Neal 2009). L’integrazione con MCT deve essere attuata in modo graduale per migliorare la tolleranza gastrointestinale.

 

PROTOCOLLI ALTERNATIVI

Le limitazioni dietetiche necessarie per il mantenimento della dieta chetogenica classica hanno stimolato la ricerca di diete alternative. Nel 2003 è stata utilizzata per la prima volta una modifica della dieta di Atkins (MAD) e nel 2005 la dieta a basso indice glicemico (LGIT). La dieta di Atkins è un tipo di dieta molto popolare negli Stati Uniti per il trattamento dell’obesità basata su una drastica riduzione dei cibi amidacei mentre i cibi proteici possono essere consumati ad libitum. La riduzione dei cibi a base di carboidrati comporta sempre una riduzione calorica che favorisce il calo ponderale. Il programma è descritto in un manuale e può essere autogestito dal paziente. Nel corso del trattamento i carboidrati vengono parzialmente reintrodotti. Per il trattamento dell’epilessia farmacoresistente la dieta di Atkins è stata modificata (Modified Atkins Diet, MAD) nel senso che la riduzione iniziale della quantità di carboidrati (10 o 20 grammi) viene mantenuta per tutto il corso del trattamento e non viene ridotto l’apporto calorico. La chetosi indotta è molto bassa per l’effetto neoglucogenico delle proteine. Il vantaggio fondamentale consiste nella minor necessità di controllo dietetico. Lo svantaggio è legato al fatto di indurre livelli di chetosi estremamente bassi e fluttuanti in dipendenza della scarsa standardizzazione della dieta. Gli studi finora condotti dimostrano una efficacia buona ma minore rispetto alla dieta chetogenica classica e maggior efficacia con iniziale maggior restrizione dei carboidrati. Secondo Kossof (2013) la MAD trova applicazione in pazienti adolescenti o adulti e in casi di insufficiente aderenza al protocollo classico. La dieta a basso indice glicemico si basa sulla scelta degli alimenti in base al loro Indice Glicemico L’indice glicemico (IG) descrive la tendenza dei cibi ad incrementare la glicemia rispetto ad un’eguale quantità di un alimento di riferimento (per es. il glucosio o il pane bianco) a cui viene attribuito il punteggio di 100. Esso è calcolato dall’ area incrementale sotto la curva della glicemia 2 ore dopo il pasto. Alcuni esempi di cibi a basso IG sono le lenticchie, alcuni tipi di frutta, latte. Lo scopo della dieta a basso indice glicemico è quello di prevenire brusche fluttuazioni della glicemia e di abbassare i livelli di insulinemia scegliendo alimenti con un indice glicemico <50. Questo tipo di dieta comporta una quota glucidica più elevata rispetto a tutti gli altri protocolli (fino a 40 – 60 grammi di carboidrati) un rapporto chetogenico medio osservato di circa 1:1 e induce livelli di chetosi molto bassi.

 

MANTENIMENTO DELLA DIETA

L’applicazione clinica della dieta chetogenica presuppone una adeguata conoscenza delle molteplici problematiche nutrizionali connesse che risultano particolarmente marcate quando viene utilizzato il protocollo classico.

Per ottenere un adeguato livello di chetosi per il controllo delle crisi sono necessari un basso apporto di carboidrati ed un alto apporto di grassi in rapporto controllato. L’uso in età pediatrica e non solo, di una dieta così sbilanciata richiede particolare attenzione per la supplementazione ed attento monitoraggio nel follow-up. I principali problemi nutrizionali che richiedono un accurato monitoraggio derivano da deficit marginali o evidenti di alcuni nutrienti (energia, proteine, minerali e vitamine) e dall’eccesso di altri (lipidi, acidi grassi saturi e colesterolo) che sono la peculiarità di questa dieta.

VALUTAZIONE PRE-DIETA, MONITORAGGIO E INTERRUZIONE

Prima di iniziare la terapia dietetica sono necessari uno o più incontri informativi con le famiglie dei pazienti mirati alla raccolta della abitudini alimentari abituali e di eventuali difficoltà o intolleranze alimentari, alla spiegazione della terapia dietetica ed alla istruzione dettagliata sulla preparazione dei pasti, sulla necessità di somministrare integratori vitaminico-minerali e su come monitorare i livelli di chetosi e gli effetti collaterali. In questo incontri è importante valutare la motivazione dei genitori e la loro consapevolezza di intraprendere un trattamento impegnativo non solo per il paziente ma anche per chi lo assiste.

I pazienti candidati al trattamento hanno spesso una storia clinica complessa e sono stati sottoposti ad approfondimenti dal punto di vista dell’inquadramento neurologico, neurofisiologico e neuropsicologico.

La valutazione pre-dieta necessita di abbinare a queste valutazioni un attento inquadramento nutrizionale al fine di impostare correttamente il trattamento e prevenire l’insorgenza di malnutrizione il cui rischio è particolarmente elevato in bambini spesso sottoposti a lunghi periodi di politerapia e/o con difficoltà all’alimentazione. Le valutazioni clinico – laboratoristiche vanno ripetute ad intervalli regolari onde prevenire o monitorare l’insorgenza di effetti collaterali ed apportare le opportune modifiche al trattamento.

Secondo le linee guida il trattamento andrebbe continuato per almeno 3 mesi prima di sospenderlo per inefficacia. Per i bambini che ottengono un controllo delle crisi >50% la dieta chetogenica è spesso continuata per almeno 2 anni (a meno che non sussistano effetti collaterali che controindichino il proseguimento).

Sebbene la dieta in caso di emergenza possa essere interrotta bruscamente sotto controllo medico, di norma la sospensione avviene per gradi abbassando progressivamente il rapporto chetogenico da 4:1 a 3:1 a 2:1 a 1:1. Una volta negativizzata la chetosi si può passare a dieta libera. Durante questo periodo si raccomanda di continuare l’assunzione di integratori. Se le crisi dovessero peggiorare, la dieta chetogenica potrebbe essere ripristinata ritornando al rapporto chetogenico precedente .

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